☞ generazioni poesia, abstract



Una tavola rotonda dove generazioni poetiche differenti si confrontano e ragionano degli elementi, e delle urgenze, che le accomunano. Intervengono Maria Borio, Nanni Balestrini, Davide Castiglione, Michele Ortore, Lello Voce, Marcello Frixione e i convocati che lo desidereranno. Una settimana prima dell'evento, per favorire la partecipazione dei secondi e del pubblico, saranno resi disponibili, su questa pagina, gli abstract prodotti dagli inneschi.


Abstract Davide Castiglione:
Nell’innesco dedicato alla questione generazionale cercherò di affrontare il tema della mancata e mancante trasmissione maestro-allievo (padre-figlio). Vorrei ragionare su come la famigerata mancanza di ‘padri’, anziché provocare sentimenti di smarrimento, ingeneri un genuino bisogno di trasformarci in ‘padri’ noi stessi – fare di noi, con umiltà ma determinazione, quel punto di riferimento che sentiamo mancarci intorno. Vorrei poi anche discutere certe percepite differenze generazionali nel come e quanto autori emergenti si pongono in dialogo con me in quanto critico. Con le dovute eccezioni, mi pare che la generazione precedente la mia (un nato negli ’80), sia meno propensa a cercare uno scambio alla pari rispetto alle altre generazioni. Influenza bloomiana a rovescio, humus culturale di sospetto e nichilismo, lotta per non farsi scavalcare dai prossimi? Lancerò queste congetture-provocazione nel dibattito.

Abstract Marcello Frixione:
L’incontro/scontro tra generazioni serve per dare forma alla poesia: la poesia, quella buona intendo, nasce da un dialogo con altra poesia (e con i problemi e le domande – non solo letterarie - che hanno contribuito a farla nascere). Essa prende forma nel contesto di una storia della poesia. Non è un esercizio privato che si svolge in solitudine e in isolamento. Chi pensa di essere assolutamente originale, di non confrontarsi con chi ha scritto prima di lui, alla fine scriverà poesie assolutamente non originali, irrimediabilmente ingenue e uguali a tante altre brutte poesie. Ritengo che la sconsolante uniformità e piattezza di molta della poesia che ci circonda sia in gran parte dovuta al fatto che chi l’ha scritta non si è preso la briga di misurarsi con ciò che lo ha preceduto (di cui, ahimè, spesso conosce ben poco). Naturalmente il rapporto con i padri non deve necessariamente essere (o essere solo) di reverenza: scrivo poesie perché non mi piacciono quelle che scrivono gli altri, diceva Sanguineti. Ma lui di poesie ne aveva lette davvero tante.

Abstract Matteo Marchesini:
A partire dagli anni Settanta, il livello autocritico dei poeti si è abbassato di colpo. La lirica è rinata come confessione o eclettica euforia linguistica, come esibizione individualistica o scoria postavanguardista stilisticamente depotenziata. Mengaldo ha parlato di «forma privata della letteratura». Ma ha poi aggiunto, analizzando la situazione dei decenni successivi, che a questa «poesia informale e sub-letteraria» è a poco a poco subentrata «una poesia iperletteraria, di compatta formalizzazione», senza che però mutassero «i presupposti ideologico-culturali, che restano quelli di una poeticità privatistica ed effusiva». Più che di formalizzazione, io parlerei di stilizzazione: perché nei prodotti più recenti la reale coerenza della forma è perfino più scarsa. In altre parole, alla deriva bovaristica “confessionale” è seguita la deriva bovaristica di chi, con la stessa imbarazzante acriticità, descrive le proprie avventure “culturali”. A una scrittura pseudo-esistenziale, se ne è sostituita una pseudo-teorica. Ma in realtà, quando le fondamenta sono privatistiche, qualunque pagina – “informale” o “formalizzatissima” - può prestarsi tanto a una lettura sub-letteraria quanto a una lettura iper-letteraria. Oggi è ormai rarissimo che le esperienze “orfiche” di qualunque tipo non cadano immediatamente nel kitsch; e lo stesso vale per gli sperimentalismi avanguardistico-decostruttivi che sono appena un loro sottoinsieme. Ma la stessa inflazione, la stessa irrealtà e la stessa debole “falsificabilità” insidiano ugualmente la troppa poesia narrativa, limpida e referenziale, che scorre via in flussi sciatti, senza argini né limiti. Schivando le due derive, alcuni dei più interessanti poeti nuovi inseguono invece una limpidezza antigergale ma complessa, architettonica e fortemente sintattica.

Abstract Michele Ortore:
Nel mio intervento, volendo dare l’effettiva struttura di un innesco, presenterò delle riflessioni, da sviluppare poi nel dibattito, su queste ampie questioni: 1) L'approccio linguistico-stilistico come possibile antidoto ad alcuni mali della critica contemporanea, soprattutto di quella on line (appiattimento e scomparsa delle stroncature, o loro trasformazione in una delegittimazione ironica del testo che scade nel narcisismo; recensioni iper-fluide e ridotte a mero esercizio identitario, cioè di potere culturale), e come strumento utile per porre l'attenzione su alcuni stilemi che, analizzati, permettono un approccio più "laico" al testo, al di là delle categorie di lirismo, ricerca, ecc. 2) La distanza dalle avanguardie del secondo Novecento per quanto riguarda la fiducia nell'immaginario culturale coevo: mi soffermerò in particolare su come la scienza entrava in alcuni testi del gruppo 63, e su come entra oggi in altri autori di riferimento per chi ha più o meno la mia età, come ad es. Maria Grazia Calandrone o Bruno Galluccio. 3) La contaminazione tra poesia e tecniche drammaturgiche, sia nelle avanguardie (per quanto riguarda le varie provocazioni alle attese del lettore/ascoltatore e le altre tecniche di montaggio) sia in autori contemporanei (Mariangela Gualtieri): è una via percorribile? Proporrò un breve paragone con le soluzioni stilistiche di alcuni drammaturghi contemporanei. 4) Partendo dall’assunto che l’autorappresentazione di un autore rispetto all'industria culturale ha notevoli conseguenze sulla sua scrittura e sulle procedure compositive, individuerò alcuni degli elementi che a mio parere costituiscono lo iato tra l’ideologia dei Novissimi (e in parte del Gruppo 93) e l’autocoscienza poetica della mia generazione. Mi soffermerò in particolare sulla “poesia di ricerca” contemporanea e – appoggiandomi ad alcune argomentazioni tratte da Poesia senza gergo di Matteo Marchesini – sulla reiterazione nascosta di atteggiamenti tardo-ottocenteschi.

Abstract Lello Voce:
È un panorama molto variegato. I punti che tratterò sono i seguenti: 1) l'eclettismo degli stili attualmente presente è conseguenza di un radicale salto mediale, 2) le aggregazioni per la maggior parte proseguono però intorno a strumenti e poetiche obsoleti. Anche gli ambienti web, invece di esplorare nuove possibilità, sono versioni digitali del cartaceo, 3) la tendenza più accentuata è quella all'imitazione di modelli, più che alla ricerca e alla rifondazione di poetiche, 4) il trucco speculare dell'epigonismo. L'accusa di epigonismo come denegazione. L'epigonismo come risultato della mancanza di maestri diretti, 5) la mancanza di maestri diretti come condizione strutturale, sin dagli anni ‘90. Una sola generazione di uomini per più generazioni di macchine. Concludendo: l'essere e il divenire sono la casa del linguaggio.

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